Replying to Io e il terribile Argo

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  1. Posted 21/6/2021, 14:37
    Millenni fa Zeus s'era innamorato della figlia del dio Inaco, la sacerdotessa Io, era una fanciulla bellissima, tanto che dicevano che neppure le Dee dell’Olimpo potevano essere così belle.
    Il padre degli dei temeva la gelosia di sua moglie, la dea Era, così per non essere scoperto ogni volta che andava a trovare Io si nascondeva in una nuvola dorata.
    La regina degli dei incominciò a sospettare che il marito la stesse tradendo e chiese: - Non stai passando troppo tempo con Io? -
    - No ti sbagli, non la vedo da tanto. -
    - Eppure credo che vai da lei quanto ti nascondi nella nubi dorate. -
    - Non ho mai toccato Io. - Insistette Zeus, ma preoccupato decise di sottrarre Io alla collera della furibonda Era trasformandola in una bianca giovenca.
    Era però intuì l'inganno e costrinse il suo sposo a concederle in dono il bell'animale dallo sguardo umano. Zeus fu costretto ad accettare a malincuore senza dire nulla per non rivelare l'inganno.
    Quando la dea ebbe fra le mani la povera Io, mutata in forma bovina, l'affidò alla sorveglianza al figlio di Arestore, il gigante Argo, che aveva addirittura cento occhi, metà gli apriva al sorgere del sole, per aprirne l'altra metà al calar dell'astro. In tal modo non c'era mai pericolo che perdendo di vista la povera Io. Per evitare che si potesse nascondere al suo sguardo, il gigante legò la giovenca a un ulivo che cresceva in un bosco sacro a Micene rimanendo sempre accanto a lei.
    Zeus, non sapendo come evitare la zelante sorveglianza d'Argo, era disperato e decise di chiedere aiuto a Ermes, così chiamò a se il messaggero alato del Cielo dicendo: - Mi serve il tuo aiuto, libera a qualunque costo da Argo la povera giovenca, metti in opera tutta la tua astuzia se necessario, ma fallo! -
    - Non ti preoccupare sommo padre degli dei, ho già un'idea su come fare -
    Il dio dai sandali alati era di sottile ingegno e senza perdere un secondo volò sul pascolo dove Io brucava sorvegliata da Argo e si travestì da pastorello, e sicuro di non essere riconosciuto aspettò la sera, Argo appoggiato a un albero, cominciava a chiudere metà degli occhi per il sonno. Ermes notandolo si sedette vicino a lui e iniziò a suonare il flauto.
    Il gigante rimase incantato da quella lenta e dolce musica, la fatata melodia gli impediva di muoversi e una strana sonnolenza gli faceva chiudere a uno ad uno i suoi occhi. Quando Argo ebbe chiuso l'ultimo dei suoi occhi Ermes gli saltò addosso tagliandogli la testa. Era però non era una sciocca e fece pungere la candida giovenca da un tafano, la povera Io per il dolore iniziò a correre riempiendo l'aria con i suoi muggiti lamentosi. Attraversò a nuoto il Bosforo e al galoppo la Fenicia arsa dal sole, risalì il Nilo bevendone le acque che scorrono fra basalti neri. Arrivata in Egitto Zeus poté liberarla dal terribile tafano che l'aveva inseguita e ridarle le proprie aggraziate forme femminili.
    Era fu costretta ad ammettere la sconfitta, e per onorare la memoria d'Argo, che era morto per servirla, costellò con cento occhi azzurri e verdi la coda del pavone.

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