1. Buon vicinato
    L'errore nel non pensare che un'idea ti si possa ritorcere contro

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    By Xander Ares il 7 July 2020
     
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    Da ragazzi ci insegnano che nessun uomo è un'isola, ma la vita ci svela spesso che siamo tutti delle isole irraggiungibili dietro le alte mura delle maschere che indossiamo. Nel mio caso però fu la morte a rivelarmelo nell'ottobre del 2005 quando vivevo nella ridente città di Meridian.
    Tutto ebbe inizio con il mio suicidio, non vi starò ad annoiare sul perché abbia fatto una cosa del genere o come mi sia venuta in mente di farla, ai fini del mio racconto basti sapere che è una di quelle cose che ti capita quasi senza accorgertene, anche se spesso a guardare bene avevi già preso quella strada da molto.
    In quel periodo mio marito era in viaggio per lavoro e non avendo figli o parenti in casa decisi di agire in modo plateale così che non ci sarebbe stato il pericolo che il cadavere putrefatto fosse la grande sorpresa al rientro di mio marito. Nel mio giardino c'è un alto albero che da sulla strada così nottetempo salì su di esso e legai una corda al ramo più robusto, mi strinsi intorno al collo quello che ritenni un robusto cappio e mi buttai giù, ma dovevo aver sbagliato qualcosa, infatti invece di morire per strangolamento mi si spezzò il collo uccidendomi sul colpo. Da un certo punto di vista forse fui anche fortunata perché così soffrì molto meno del previsto.
    Non fu purtroppo l'unica previsione che sbagliai, infatti al giungere del mattino i miei vicini mi avrebbero dovuto trovare e chiamare le autorità perché si occupassero dei miei resti mortali, invece visto l'avvicinarsi della notte di Halloween pensarono che avessi piazzato in giardino una decorazione di cattivo gusto.
    Ero lì appesa a un ramo mentre le mie vicine mi guardavano indignate e i ragazzi estasiati dal cruento spettacolo gratuito, dire che ero allibita era poco. Vivevo in quel quartiere da undici anni e nessuno riusciva a distinguere la differenza tra il mio cadavere e un manichino di plastica, una cosa inaudita.
    Comunque sia arrivò mezzogiorno e un corvo iniziò a beccarmi il viso dilaniandolo, non era certo ciò che auguravo a me stessa, ma ero felice perché così i miei vicini si sarebbero accorti che non ero un manichino. Fu però una speranza vana, infatti i pochi che si accorsero del volatile risero della sua stupidità nel beccare quello che per loro era un pezzo di plastica. A onor del vero comunque devo ammettere che non tutti pensassero che fossi di plastica, sentì distintamente un paio di vecchietti dire che dovevo essere fatta con legno e vecchi stracci come si usava una volta, dove però ci fosse stata tale usanza non l'ho mai saputo.
    Il sole tramontò alla fine su quella giornata lasciando il posto alla notte, non erano neanche le nove quando il nodo della corda si sciolse dimostrando la mia scarsa abilità nel realizzare cappi. Così il mio cadavere cadde al suolo davanti a tre liceali che chiacchieravano, di certo ora si sarebbero accorti che non ero un manichino, almeno così pensai finché non mi accorsi che erano ubriachi e desiderosi di aiutare una vicina così piena di fantasia nelle decorazioni, uno di loro salì sull'albero mentre gli due mi sollevarono di peso. Quello sull'albero doveva aver fatto parte dei boyscout o giù di lì perché notai subito la migliore qualità del suo nodo quando mi fu stretto il cappio intorno al collo. Così grazie a tre gentili e ubriachi giocatori di football del liceo locale mi ritrovavo di nuovo appesa a un ramo senza più alcuna speranza se non quella che dopo Halloween (a cui mancavano dieci giorni) qualcuno capisse che non ero una decorazione.
    Per mia fortuna dopo soli tre giorni qualcuno si accorse del fetore della decomposizione e venne a reclamare alla mia porta e finalmente vedendo che non c'era nessuno in casa comprese la verità. Fu da quell'increscioso incidente che capì che anche circondati da mille volti amichevoli si può essere facilmente un'isola.

    La signorina Pym smise improvvisamente di parlare e il dottor Thackery disse un paio di parole schioccando le dita e lei in un lampo aprì gli occhi stupita e dopo aver dato uno sguardo in giro confusa chiese: - Abbiamo finito? -
    Il dottore scartò una gomma alla nicotina e la mise in bocca rimpiangendo i tempi in cui suo padre poteva fumare durante le sedute senza che una stupida legge glielo impedisse.
    - Per oggi si signorina Pym. La prossima seduta d'ipnosi regressiva è venerdì alla solita ora. -
    - Ma è sicuro che dobbiamo continuare questo tipo di terapia dottore? - Chiese la ragazza dubbiosa mentre si alzava dal lettino.
    - Non si preoccupi, oggi abbiamo fatto notevoli progressi, ma ritengo che lei deve aver subito diversi traumi nelle sue vita precedenti. Credo che il suo caso sia molto interessante, ma ora vada io ho molto lavoro ancora da fare. -
    La ragazza uscì dalla stanza lasciando solo lo psichiatra che poté così accendersi la sua sigaretta.
    di Xander Ares

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    Edited by Xander Ares - 6/11/2021, 19:26
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    Scrissi questo racconto nel 2005, dopo aver visto i primi episodi di Desperate Housewives fui stuzzicato dall'idea della voce narrante di una morta suicida e dopo mesi la sfruttai per questa storiella dall'umorismo nero come post di halloween per il mio blog sulla defunta Splinder.
     
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