1. Le gatte macare
    C'era una volta un contadino che tutti giorni andava in campagna a cavallo del suo asinello con la zappa in spalla...

    Tags
    Favole
    Storie salentine
    By Xander Ares il 19 Aug. 2021
     
    Like       0 Comments   279 Views
    .
    C'era una volta un contadino che tutti giorni andava in campagna a cavallo del suo asinello con la zappa in spalla. Una sera mentre ritornava a casa, fu travolto dal maltempo. Vento, fulmini e gocce di pioggia grandi come olive gli impedivano di proseguire, perciò si mise a cercare in rifugio lì in campagna e così si trovò una vecchia pagghiara. Tutto infreddolito accese un gran bel fuoco e si sedette a scaldarsi.
    Il calore del focolare gli stava ridando forza quando notò entrare un gatto nero che zitto zitto si mise accanto al contadino a riscaldarsi, poco dopo ne entrò un altro, poi un altro ancora e così continuarono finché furono sette i gatti intorno al fuoco.
    Presto l'uomo si accorse che il tempo si era rasserenato, e così si preparò a correre per tornare in paese, prima che il tempo potesse cambiare di nuovo.
    Mentre si stava girando per andarsene vide che i gatti si erano trasformati in sette macare dai capelli scarmigliati e le vestiti sbrindellate, erano le figlie della notte e seguaci diavolo che danzavano quando il diluvia e c'è temporale. Il pover uomo riconoscendole si impaurì molto e voleva scapparsene a casa sua, ma le megere gli strinsero intorno bloccandogli ogni via fuga.
    Fu allora che la più vecchia, con un sorriso che aveva un solo dente, gli disse: - Vuoi fare un ballo con me? -
    - No, non posso devo tornare a casa, - rispose l'uomo, - e poi anche volendo non so ballare. -
    - Oh, che vergogna, così grande e non sa ballare. - disse una macarà con solo un occhio.
    - Non ti preoccupare, ti insegniamo noi a ballare. - ribatte un altra che aveva in capo solo tre ciocche di capelli.
    - Su non farti pregare, - riprese la più vecchia, - facci ballare un po' e poi potrai tornare a casa. -
    Insomma tanto fecero e tanto dissero che il contadino non sapeva più come rifiutare e iniziò a ballare con quella che aveva solo un dente. Ballarono come ossessi che quasi l'uomo non riusciva a respirare e quando la macarà su stanca, quella con un occhio solo si fece avanti: - Ora tocca a me ballare una pizzica. -
    Senza dare all'uomo il tempo di risponderle subito continuarono a ballare e quando anche lei fu stanca si fece avanti la macarà con tre ciocche di capelli dicendo: - Adesso è il mio turno. -
    Così una dopo l'altra tutte e sette si fecero avanti per ballare, ma quando arrivò il turno dell'ultima, che era la più giovane, il contadino era stanco è infuriato dall'insistenza delle sette, ma la macarà disse: - Se hai ballato con le altre è giusto che balli anche con me. -
    Il poverello però era esausto e sapeva che le sette non lo avrebbero mai lasciato andare via e decise di agire. Ballando si avvicinò alla sella dell'asinello, e in un battito di ciglia prese lo scudiscio, subito incominciò a frustarle tutte e sette con una tale forza, che staccò due dita della mano destra della più giovane.
    Le macare fuggirono via mentre il contadino saltò a cavallo dell'asinello e tutto spaventato se ne tornò a casa.
    La moglie vedendolo tornare così tardi, e bianco come un lenzuolo, gli domandò cosa era successo. Il contadino raccontò tutto alla consorte, del maltempo di come aveva trovato rifugio in una pagghiara e delle sette gatte macare. La donna non credendogli lo prese in giro: - Oggi era proprio un tempo da macare, anche il compare ne ha vista qualcuna tornando dalla campagna. -
    Il giorno dopo il contadino, come al suo solito, tornò in campagna, però invece della solita strada prese una viuzza sperduta per paura di rincontrare le macare.
    Quando stava per arrivare al suo podere vide una fanciulla tutta vestita bene con i capelli ben acconciati, la ragazza lo fermò dicendogli - Buon uomo, non vi ricordate di me? Eppure guardi cosa mi avete fatto alla mano? -
    E mostrò la mano destra da cui le mancavano due dita, era la più giovane delle macare.
    - Mi avete costretto voi, - si giustificò il contadino, - non mi lasciavate stare e se non avessi preso lo scudiscio, mi avreste obbligato a danzare fino al mio ultimo fiato. -
    - E' vero, - sospiro la macara, - ma quello è il lavoro di noi macare e anche se non ci piace siamo costrette a farlo. -
    Vedendo che l'uomo stava riprendendo la frusta se ne volò via e da allora in poi quando le macare vedevano il contadino scappavano via come gatte impaurite.
      Share  
     
    .