Al giungere della metà della mia vita mi ritrovai nella città dei morti dove ogni speranza era perduta e l'oblio era l'unico conforto.
Fu strano come ci arrivai in fondo non era avvenuto chissà quale evento incredibile o straordinario, ero solo un precario che aveva trovato un'offerta di lavoro a tempo determinato in un sito web di annunci gratuiti.
Dovevo recarmi in una cittadina con uscita al terzo km della superstrada, una città così piccola da non essere riportata neanche sulle carte stradali, o almeno era questo che credevo.
Il cartello di benvenuto nella città riportava: "Siete entrati nel centro abitato di Gulgalta Il luogo in cui non riposano i morti". Da prima pensai a un'errore o una battuta di humour macabro da parte dei responsabili del comune, ma presto notai le differenze rispetto a ogni altra città avessi mai visto; ogni singolo albero della città era marcio, le case piene di crepe sembravo essere pronte a crollare da un momento all'altro e gli abitanti avevano tutti un incarnato pallido con occhi spenti e incavati.
Decisamente un luogo che mi stava mettendo la pelle d'oca addosso. Arrivai davanti all'indirizzo inviatomi per il colloquio, via dei crisantemi n.13, era un palazzo barocco ricoperto da una patina nera dai fumi di scarico delle auto che passavano lungo la strada, evidentemente non era stato pulito il suo prospetto da diversi decenni.
Mi fecero accomodare in una stanzetta angusta su di un divanetto malridotto ad attendere di essere chiamato, dopo quasi mezzora fui accompagnato in un ufficio dove fui presentato al selezionatore, era un ometto strano di corporatura mingherlina con la pelle ricoperta da macchie rossastre.
- Signor Rossi, purtroppo non ho molto tempo da dedicarle perciò cercherò di venire subito al punto, lei ha le qualifiche necessarie per questo lavoro, ma vede ci sono altri fattori da considerare. Vede è necessario che il selezionato si trasferisca in questa città per tutta la durata del contratto di lavoro, ovvero sei mesi. -
- Si, certo me ne rendo conto. - Risposi con calma - Infatti sono disposto a trasferirmi. -
- Lei però si è accorto che questa non è una città come tutte le altre? -
Un attimo di silenzio e imbarazzo attraverso la stanza quando l'ometto mi diede un'occhiata ammiccante e riprese a parlare: - Capisco che qualche sospetto lo aveva, probabilmente aveva imputato lo strano colorito degli abitanti a qualche forma d'inquinamento. La realtà dei fatti purtroppo è meno semplice e molto meno credibile. Mi dica lei crede nell'aldilà? -
- Credo di si, la mia formazione è stata di stampo cattolico. -
- E crede anche nell'inferno? -
Per un attimo fui come congelato dalla sua domanda, non capendo se stesse scherzando o meno. - Scusi vorrà mica darmi a intendere che questa città è l'Inferno? -
L'ometto spense la sua sigaretta con una calma snervante. - Certo che no. Questa città non è esattamente ...
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