1. La frittata del sarto
    Una volta c'era un sarto, tanto buono, caritatevole e timorato di Dio che tutti lo chiamavano Omobono.

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    Una volta c'era un sarto, tanto buono, caritatevole e timorato di Dio che tutti lo chiamavano Omobono. Egli viveva in un piccolo paesino e difficilmente gli capitava di confezionare un vestito, perché all'epoca la maggior parte delle persone aveva solo due vestiti, perché allora quello che si guadagnava bastava appena per vivere e bisognava anche risparmiare, per tempi peggiori.
    Uno dei vestiti era il più vecchio e malridotto e serviva per tutti i giorni e l'altro era il vestito buono per le andare a messa, per le cerimonie e per indossarlo da morti quando dovevano presentarsi davanti a San Pietro, per essere giudicati, credendo che vestiti bene sarebbe stati accettati dal Signore con più riguardo abbuonando qualche peccatuccio.
    Il lavoro di Omobono perciò era per lo più rammendare, mettere fondelli ai pantaloni sdruciti, adattare vestiti dai grandi ai piccini. La moglie lo aiutava a imbastire, rammendare, a fare le asole, ad applicare i bottoni, a stirare quando non era impegnata ad allevare i loro figli.
    Un giorno il signorotto del paese invitò Omobono a palazzo e gli ordinò un vestito di gala raccomandandosi di essere celere e preciso perché gli serviva per un gran ballo importante.
    Per il povero sarto era una grande occasione per guadagnare qualcosina di più, ma soprattutto di realizzare qualcosa di bello e si mise d’impegno a lavorare.
    Purtroppo più di impegno si metteva e più pensava che l'incarico era importante e non poteva sbagliare e come accade in questi casi sbagliò.
    Forse a causa della stanchezza o dal lume del petrolio che gli aveva bruciato gli occhi, ma quando provò sul manichino il vestito si accorse che era un disastro, il disegno del rigato non corrispondeva fra le due metà, le misure erano sbagliate tanto da far perdere all'abito la simmetria e i pantaloni erano troppo stretti.
    Omobono sconvolto pianse riverso sul tavolo di lavoro: - Che rovina, che rovina e il ballo è domani! Non farò mai in tempo a sistemarlo!!! - Ripeteva disperato mentre la moglie cercava di consolarlo.
    Alla fine tra un pianto e l'altro fu vinto dalla stanchezza e si addormentò profondamente. Nel sonno, sognò che gli angeli scendevano dal cielo con ago e filo si mettevano a riparare il vestito sbagliato in mezzo ai canti di gloria al Signore.
    Quando i primi raggi del sole svegliarono Omobono egli ricordò il sogno e pensò "Volesse il cielo che fosse vero!", e così fu, con sua grande meraviglia vide il vestito perfettamente cucito sul manichino e grido: - Miracolo! Moglie mia che miracolo! Il Signore altissimo ha trasformato quella frittata di vestito in un questo capolavoro! -
    Così il sarto consegnò il vestito in tempo e il signorotto soddisfatto gli pagò cinque ducati e gli regalò un pollo, una dozzina di uova e un paniere di ciliegie.
    La moglie vedendo tanto ben di Dio per festeggiare il miracolo della frittata del marito preparò una frittata di uova con la ...

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    Last Post by Xander Ares il 21 May 2021
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  2. I desideri dello scalpellino
    C'era una volta uno scalpellino che stava spaccando pietre da una montagna.

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    By Xander Ares il 18 May 2021
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    C'era una volta uno scalpellino che stava spaccando pietre da una montagna. Stanco del caldo e della fatica, lasciò lo scalpello e il martello per riposarsi e vide un'aquila che volava nel cielo maestosa, e disse: - Quanto vorrei essere aquila per poter volere libero nei cieli. -
    Come per magia il suo desiderio fu esaudito e lui divenne una splendida aquila che spiccò il volo felice della libertà che provava, ma mentre volava, vide lontano un castello imponente, e disse: - Quanto vorrei essere Re per vivere in un maniero come quello. -
    Detto fatto il suo desiderio fu esaudito, egli divenne subito un Re servito e riverito che poteva comandare su tutti i suoi sudditi.
    Contento iniziò a esplorare tutto il castello, e ogni stanza che visitava cresceva in lui la soddisfazione di possedere simili magnificenze, finché non salì sulla torre più alta e sentì la forza del vento, fu allora che disse: - Anche il Re maggiormente potente è nulla rispetto al vento incontrastato, quando vorrei essere il vento per viaggiare in ovunque nel mondo e raggiungere qualsiasi luogo! -
    Subito si trasformò in vento, e viaggiò, andando dove voleva, raggiungendo i posti più remoti del mondo, ma ogni volta che sul suo cammino incontrava un'altura, si infrangeva sopra i massi, e fu così che disse: - Anche il vento si ferma davanti a una montagna, perché essa è maggiormente forte dei venti, quando vorrei essere un massiccio! -
    Ancora una volta si trasformò, stavolta in un'altissima montagna. Era compiaciuto di essere più forte di qualsiasi altro elemento della natura, immutabile nel tempo, almeno così credeva finché sentì un dolore ai piedi, fu allora che si accorse di uno scalpellino che stava rompendo le sue pietre con martello e scalpello.
    Alla vista dell'artigiano disse: - Quello scalpellino è più forte di me, spacca le mie pietre e io non posso fare niente... Quanto vorrei essere di nuovo uno scalpellino. -
    Così ritornò a essere uno scalpellino e non desiderò più di essere qualcos'altro.

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    Fiabe e 'Cunti salentini | Biblioteca



    Edited by Xander Ares - 8/6/2021, 19:28
    Last Post by Xander Ares il 18 May 2021
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  3. La Zinzulosa
    Un tempo viveva il Barone di Castro, signorotto delle terre attorno al paese e famoso per il suo amore per i quattrini.

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    Un tempo viveva il Barone di Castro, signorotto delle terre attorno al paese e famoso per il suo amore per i quattrini, tanto che si sposò con una donna ricchissima per aumentare le sue ricchezze che ormai erano pari solo alla sua avarizia. Come se non bastasse la sua sete di denaro cresceva sempre più, giorno dopo giorno, facendolo divenire un uomo crudele e malvagio tanto che quando sua moglie dovette partorire non chiamò né medico, né levatrice per paura di spendere troppo.
    Per la sua cattiveria il Barone lasciò morire la moglie dei dolori del parto, ma nonostante questo nacque una bellissima e sanissima bambina. Il signore di Castro non si pentì dell'essersi macchiato della morte la moglie, e nonostante la grande quantità di denaro della quale era fornito, egli preferiva accumulare beni piuttosto che spendere qualche soldo per vestire la sua figliola, nella mente del Barone la bambina poteva vivere benissimo coperta di stracci, pur di ridurre le spese per il suo mantenimento tanto che sembrava che gli avessero appeso addosso degli stracchi piuttosto che vestirla e perciò tutti la chiamavano la Zinzulusa, cioè quella degli stracci appesi che si chiamano appunto zinzuli.
    L'avarizia del padre della piccola cresceva sempre, tanto da spingerlo a privarla dei giochi e perché spendere per garantirle una buona istruzione, quando si può vivere benissimo da ignoranti? Questa era la sua filosofia, ridurre al minimo le spese, anzi di più la sua figliola conduceva una vita misera e priva di ogni bene di prima necessità, la bimba però, non ebbe l'infanzia e l’adolescenza spensierata che il padre credeva, priva delle cure e dell'amore paterno e materno e il non aver mai avuto dei giochi, dei vestiti, dei libri o un pasto, la rendeva sempre più triste e cupa mentre cresceva.
    Quando si fece ormai grande il Barone iniziò a preoccuparsi che conoscesse un giovane e chiedesse la sua dote per sposarsi, la dote della figlia di un nobile non poteva essere fatta di stracci, avrebbe come minimo richiesto tutti i soldi lasciati da sua moglie in eredità. Così il crudele signorotto la rinchiuse in una remota stanza del suo palazzo, per farla morire di stenti e tenere tutta per se l’eredità della moglie. Le grida disperate di Zinzulusa un giorno furono interrotte da una colomba che entrò dalla finestra.
    - Oh Zinzulosa perché piangi? - Disse la colomba.
    - Piango perché mio padre mi ha chiusa qui a morire, e ora manda un demone a prendermi in giro? -
    - Non sono un demone piccola mia, sono la fata Colombina e ti aiuterò a fuggire qui. -
    Come disse ciò la colomba volò fuori per tornare al tramonto con uno stormo di colombe, una ad una i candidi uccelli presero i lembi degli stracci della Zinzulosa e la sollevarono in volo per farla uscire dalla finestra e posarla oltre alle mure del palazzo.
    I candidi uccelli volarono finché poterono, però le loro ali non erano forti abbastanza per portarla abbastanza lontano da essere al sicuro e la po...

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    Last Post by Xander Ares il 14 May 2021
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  4. Comare Formichella e altre storie
    Raccolta di storie orali nella tradizione del Salento

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    Fiabe e 'Cunti salentini
    Comare Formichella e altre storie
    di
    Xander Ares



    Dedicato alla memoria
    di mia nonna Pippi che
    da bambino raccontava a
    me i miei cugini la favola
    di Cumare Furmiculicchia



    La somma delli cunti


    - Comare Formichella
    Questa è una vecchia favola (quasi filastrocca) salentina che mia nonna mi raccontava da bambino, qui lo riadattata in lingua italiana.
    - I tre pesciolini
    C'era una volta una donna che voleva fare per cena del brodo con del pesce fresco, ma non aveva il pesce e così mandò suo figlio al mare per pescarlo.
    - La Zinzulosa
    Un tempo viveva il Barone di Castro, signorotto delle terre attorno al paese e famoso per il suo amore per i quattrini.
    - Il lupo nero
    C'erano una volta un re e una regina, nonostante essi avessero un regno bellissimo e prospero erano molto tristi perché non avevano figli.
    - I sette principi cardellini
    C’era una volta un regno in cui la regina era in attesa del suo primo figlio, il silenzio del castello fu rotto dal vagito non di un bimbo, ma otto.
    - Le due pecore di comare Volpe
    C'era una volta comare Volpe che se ne tornava a casa col carretto dopo aver rubato due belle pecore, di nome Cefalo e Palombo, che aveva legato dietro al mezzo.
    - Giannino e l'angelo
    C'era una volta un vecchio che si chiamava Giannino e credeva che quando la gente muore aveva bisogno di soldi per andare in paradiso.
    - Il flauto di sorbo
    C'era una volta un p...

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    Last Post by Xander Ares il 13 May 2021
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  5. Il flauto di sorbo
    C'era una volta un pecoraio che si era costruito un flauto di corteccia di sorbo, un flauto dal suono così dolce e sottile che chiunque lo sentiva era obbligato a ballare.

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    C'era una volta un pecoraio che si era costruito un flauto di corteccia di sorbo, un flauto dal suono così dolce e sottile che chiunque lo sentiva era obbligato a ballare. Ogni giorno il pecoraio portava le sue greggi al pascolo allegramente suonando, e tutti quelli vedevano le pecore e le capre danzare saltando allegramente sapevano che il pecoraio suonava il suo magico flauto.
    Un giorno mentre guardava le pecore vide passare un tale con un asino carico di vasi di creta. Il pastore riconobbe in lui un noto mariolo e sembrava scendere dal sentiero di una grotta con un frantoio e capì, il lestofante aveva rubato l'olio nascondendolo nei vasi di creta e decise di dargli una lezione.
    Il pecoraio suonò il suo flauto e l'asino cominciò a ballare saltando come un indemoniato mentre il mariolo gli correva dietro cercando di calmarlo. Ma il somaro era di solito calmo e il ladruncolo capì che le lunghe orecchie del ciuccio sentivano il flauto del pecoraio che chissà dov'era e incominciò a urlare supplicante: – Pecoraio non suonare il flauto, per favore sta zitto, altrimenti tutti i vasi mi romperai. -
    Il pastore però fece orecchie da mercante e i vasi finirono tutti in frantumi e l'olio rubato per terra.
    Il mariolo se legò al dito e il giorno dopo raccolse tutti i cocci rotti che trovava con cui riempi i resti dei vasi, ma poiché non ci entravano tutti prese anche il suo vaso da notte e lo riempì. Col somaro carico di cocci andò in tribunale e sporse querela al pecoraio dicendo che aveva rotto il suo carico vasi.
    Il giudice fu costretto a chiamare il pecoraio.
    – Che cosa hai fatto ieri a quest'uomo? – Chiese.
    – Nulla, mentre stavo a guardar le pecore ieri l'ho visto solo passare a cento braccia da me. -
    - E allora perché il suo asino si è messo a ballare? -
    - Gli sarà stato morso da un ragno taranta e si sarà messo a ballare la tarantella. -
    - Non è vero! - Urlò il mariolo. - Ha usato il suo flauto di sorbo per far ballare il mio asinello! -
    – E va bene. – Disse il giudice irritato dalle sue risposte. – Domani presentarti vicino al ruscello e vedremo se hai fatto qualcosa!
    Il giorno dopo il pecoraio si presentò al ruscello con le sue pecore e le capre.
    Il giudice era con il mariolo e l'asino carico di cocci, vedendolo gli disse: - Vai a cento braccia di distanza e suona il tuo piffero, se il somarello ballerà sei colpevole, se no sei innocente. -
    Il magistrato vide il pastore allontanarsi e mettersi a suonare il flauto così piano che solo le pecore e le capre vicino sentirono la musica e si misero a ballare. Il giudice osservava attento il pecoraio suonare il flauto e capre e pecore danzare, mentre l'asino rimaneva più fermo di una statua.
    - Basta così! Torna qui! - Ordinò il magistrato, e quando il pecoraio tornò il giudice domandò al mariolo: – Come hai detto che è andata la faccenda dei vasi rotti? Suonava il flauto mentre vicino a te? –
    – Era lontan...

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    Last Post by Xander Ares il 12 May 2021
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  6. I sette principi cardellini
    C’era una volta un regno in cui la regina era in attesa del suo primo figlio, il silenzio del castello fu rotto dal vagito non di un bimbo, ma otto.

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    Storie salentine
    By Xander Ares il 2 May 2021
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    C’era una volta un regno in cui la regina era in attesa del suo primo figlio, in una limpida notte, in cui moltitudine stelle scintillavano in cielo e tutta la natura taceva come se attendesse qualcosa, che il silenzio del castello fu rotto dal vagito non di un bimbo, ma otto. La sovrana infatti partorì sette figli maschi e una principessina, ma a causa del gran sforzo del parto volò in cielo con gli angeli.
    Passarono e gli anni e il re iniziò a pensare di risposarsi per dare ai figli una nuova madre, allora risposò con la donna più bella del regno, una fanciulla dalle labbra rosse come il sangue e i capelli neri come l'ebano, ma anche se bellissima era fredda e cattiva come nessun un’altra.
    La nuova regina non sopportava i figli del re e cercava ogni mezzo per fargli soffrire, per questo quando il re partì per un viaggio rivelò ai giovani la verità era lei una macàra, subito maledisse i sette principini trasformandoli in sette cardellini e addormentò la povera principessina per vestirla di stracci e scompigliarle in modo da renderla irriconoscibile.
    La regina macàra poi chiamò il guardiano dei porci e gli disse: - Porta questa mendicante nella casa più lontana e più povera del regno e chiudila perché muoia di fame lontano dalla mia vista. -
    I sette cardellini inseguire il guardiano dei porci piangendo sperando di farsi capire, ma l'uomo li trovò solo noiosi e gettò la piccola in tugurio con un giaciglio di paglia vecchia umida e fango e la rinchiuse come gli era stato ordinato.
    I sette cardellini, vista la triste sorte della loro sorellina, con il becco e con le ali ruppero il vetro del vecchio finestrone, liberarono la principessina vedendo i fratelli si arrampica scappando dalla su prigione.
    Per giorni i sette fratelli la guidano portandola vicino ad alberi dai frutti maturi quando a fame e vicino a ruscelli e pozzi quando a sete. Dopo un mese di questa vita la principessa arriva nel giardino del re del regno vicino dove si addormenta sotto un albero di gelsi.
    Il giovane principe di quel castello stava passeggiando nel giardino quando vide la principessa sopita all'ombra dell'albero e si avvicinò svegliandola, quando i loro sguardi si incontrarono fu rapito dagli occhi turchini come il cielo e dalla pelle candida come il latte della giovane, nonostante fosse vestita di stracci si innamorò e volle sposarla.
    La madre del principe non era molto convinta di dare sua figlio in sposa a una stracciona, anche perché erano molto giovani, ma vedendo quanto il principe era innamorato acconsentì e organizzò il matrimonio in quattro e quattr'otto.
    La prima notte di nozze venne in sogno alla principessa una bella fata, che le disse: - Se vuoi spezzare il maleficio della macàra sui tuoi fratellini, devi tessere sette metri di tela d’ortica cardata in silenzio per sette anni, un metro ogni anno, e poi avvolgerli tutti insieme nella tela. Attenta però se parlerai anche solo una volta la tela perderà il suo magico ...

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    Last Post by Xander Ares il 2 May 2021
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  7. Meleagro e il cinghiale calidonio
    Nell'antica Grecia viveva una donna di nome Altea che aspettava un figlio, ormai prossima alla nascita del figlio le apparvero le tre Parche...

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    Miti Greci
    By Xander Ares il 19 April 2021
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    Nell'antica Grecia viveva una donna di nome Altea che aspettava un figlio, ormai prossima alla nascita del bambino le apparvero le tre Moire, che misero un ciocco di legno nel suo focolare dicendo che la vita del nascituro sarebbe durata quanto quel tizzone.
    Altea spaventata raccontò tutto al suo sposo, il re Aeneo di Calidone, il futuro padre subito si premunì affinché il tizzone fosse custodito con ogni cura.
    Il piccolo così nacque e fu chiamato Meleagro. Il giovane principe crescendo diventò borioso sapendo che finché il tizzone era ben custodito nulla poteva ucciderlo, e con la boria arrivò la noncuranza, infatti trascurò di offrire in dono le primizie dei sui campi ad Artemide. La dea della caccia, arrabbiata per l'offesa, per punirlo inviò a Calidone un selvaggio cinghiale che devastò i solchi e gli alberi dei campi del regno.
    Il giovane Meleagro partì allora coi migliori eroi greci per affrontare la fiera scatenata e riuscì a ucciderla. Tra i tanti cacciatori c'era la bella cacciatrice Atalanta, il principe innamorato offrì la testa del cinghiale all'amata, che, grazie al dono, divenne sua sposa.
    I compagni di caccia furono gelosi di ciò e sfidarono Meleagro in combattimento, ma questi senza colpo ferire gli uccise tutti, inclusi due dei fratelli della madre, Altea, che infuriata si vendicò della loro morte gettando il famoso tizzone nel fuoco.
    Meleagro così, a causa dell'incanto che legava il suo destino a quello del tizzone, quando questo fu incenerito morì divorato da un fuoco interno, pagando per la sua spavalderia.
    Riadattato da un mito greco da Xander Ares

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    Edited by Xander Ares - 15/10/2021, 18:42
    Last Post by Xander Ares il 19 April 2021
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  8. I giorni della merla
    Non tutti sanno che i merli non sono stati sempre nero, un tempo ormai lontano le loro piume erano candide come il latte.

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    leggende
    By Xander Ares il 29 Jan. 2021
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    Non tutti sanno che i merli non sono stati sempre neri, un tempo ormai lontano le loro piume erano candide come il latte.
    Un anno però arrivo un inverno molto rigido e la neve aveva steso il suo candido mantello su tutte le strade e i tetti della città.
    Una merla vanitosa vedendo che la neve era bianca come le sue piume le gonfiò orgogliosa credendo che quel candido manto era un omaggio alla sua bellezza.
    - Vieni al riparo - le dicevano gli altri uccelli - Fa tanto freddo e c'è tanta neve! -
    - Io non sento freddo, appena appena un'arietta frizzante. -
    Alla fine di gennaio però la merla capì che la neve non le era amica, il gelo che veniva con essa sembrava entrargli nelle ossa facendo tremare lei e i suoi piccoli, così per evitare i suoi merlottini morissero dal freddo, spostò il nido in un comignolo fumante da cui proveniva un po del tepore del fuoco accesso. Per tre giorni il freddo si abbatté dovunque più forte di prima, ma la merla e i suoi piccoli rimasero al calduccio. Col primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole che riuscì a ridare vita e speranza alla merla che uscì dal suo nido nel comignolo per scoprire che i tre giorni sul camino avevano prodotto una profonda trasformazione nel piumaggio, divenuto nero per la fuliggine, nero senza rimedio.
    - Le mie belle piume bianche sono sparite! - Piangeva la merla al pensiero del suo candido e bellissimo piumaggio ormai perduto, ma aveva scambiato la sua bellezza per la vita.
    Da allora in poi i merli nacquero tutti neri, mentre gli ultimi tre giorni di gennaio vennero conosciuti da tutti come i tre giorni della merla, i giorni più freddi di tutto l'anno.

    Edited by Xander Ares - 7/10/2021, 16:13
    Last Post by Xander Ares il 29 Jan. 2021
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  9. L'estate di San Martino
    La leggenda dietro i tre giorni dell'estate di San Martino.

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    By Xander Ares il 9 Nov. 2020
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    Era una fredda mattina di novembre. La nebbia avvolgeva la campagna e la terra era indurita dal gelo, il vento spazzava le strade così forte che penetrava nelle ossa dei viandanti.
    Un giovane cavaliere di nome Martino era stato assegnato con una missione che lo avrebbe fatto viaggiare per tre giorni. Avvicinandosi alle mura vide decine di poveri che chiedevano la carità e ogni volta che uno di loro si avvicinava gli donava una moneta pensando: - Ne più bisogno loro di me, quando arriverò a destinazione mi pagheranno perciò ne posso fare a meno. -
    Così Martino donò tutti i suoi soldi e quando li fini prese a dare ai poveri le provviste per il suo viaggio pensando: - Ne più bisogno loro di me, quando arriverò a destinazione mi daranno da mangiare, posso resistere tre giorni senza cibo. - E così senza soldi e cibo abbandonò la città.
    Il giovane guardò verso il cielo coperto mentre usciva da una delle porte della città - Fa molto freddo, nevicherà -, pensò avvolgendosi nel suo pesante mantello di lana di pecora.
    Cavalcando lungo la strada giunse a un incrocio, dove seduto per terra c'era un povero vecchietto mezzo nudo e tremante per il freddo, coperto soltanto di pochi stracci, che chiedeva l’elemosina.
    - Pietà di me, signore. Ho freddo e fame. -
    Martino avrebbe voluto aiutarlo, ma non aveva con sé né cibo né denaro. Allora ebbe un’idea: scese dal cavallo e con un colpo secco trasse la spada del fodero e tagliò in due il suo bel mantello.
    -Prendi la metà del mio mantello! Non ho altro da darti. -
    Il mendicante non sapeva come ringraziarlo; i suoi occhi erano pieni di lacrime di gratitudine.
    Martino, contento di avere l'uomo, sprona il cavallo e se ne va mentre un vento rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. Ma fatti pochi passi ecco che incontrò un secondo mendicante, ancor più malvestito e infreddolito del primo. Il cavaliere lo guardò e sentì una stretta al cuore. - Poveretto, morirà per il gelo se nessuno lo aiuta. -, disse fra se.
    Nonostante avesse egli stesso freddo senza alcuna esitazione decise di regalare la seconda parte del mantello, rimanendo egli stesso senza una copertura sentendo il vento gelido su di se. Non fece però in tempo a risalire a cavallo che le nubi si diradano, il vento si calmò la nebbia si dissolse e apparve un fulgido sole autunnale; cominciò a riscaldare la terra.
    Il giovane cavaliere volse lo sguardo al cielo e vide nella luce Gesù avvolto nei due mezzi mantelli che aveva donato ai poveri.
    - Martino ti sei privato del tuo mantello per donarlo a chi aveva freddo, è come se l'avessi donato a me e perciò ora sarà la luce del creato a scaldare te. -
    Le parole di Gesù giunsero al cuore del giovane e per tre giorni fece caldo come fosse estate e così si ripetete l'anno dopo e tutti quelli avvenire, e quei tre giorni di novembre vengono ancora ricordati come l'Estate di San Martino.

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    Last Post by Xander Ares il 9 Nov. 2020
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  10. Le due pecore di comare Volpe
    C'era una volta comare Volpe che se ne tornava a casa col carretto dopo aver rubato due belle pecore, di nome Cefalo e Palombo, che aveva legato dietro al mezzo.

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    By Xander Ares il 2 Sep. 2020
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    C'era una volta comare Volpe che se ne tornava a casa col carretto dopo aver rubato due belle pecore, di nome Cefalo e Palombo, che aveva legato dietro al mezzo.
    Nel percorre il sentiero incontro compare Lupo che subito adocchio le due belle pecorelle e le disse: - Ho camminato tutto il giorno comare Volpe mia e ora sono stanco morto! Mi fai poggiare una zampa sul tuo carretto? -
    La comare capito che il lupo gli voleva fare qualche brutto scherzo gli rispose: - Non posso l'asse è vecchio e si corre il rischio che si spezzi. Oggi il carro è troppo carico... magari un'altra volta... -
    Compare Lupo insistete ancora mettendo bene in evidenza le sue lunghe zanne: - Ti prego per carità, non riesco più a fare un altro passo! -
    Comare volpe capì che se rifiutava ancora il lupo gli sarebbe saltato alla gola e finì per fargli poggiare la zampa.
    Dopo neanchè un minuto compare Lupo riprese a lamentarsi: - Ah, come mi fa male l'altra zampa, devo aver preso una storta. -
    Senza neanche dare il tempo alla comare Volpe di dire la sua mise anche l'altra zampa sul carretto.
    Un minuto dopo compare Lupo riprese ancora: - Il movimento del carretto mentre muovo le altre due zampe mi fa venire le vertigini, mi devo stendere un attimo. -
    E così lesto lesto il lupo salì sul carretto e si sdraiò come se il padrone.
    Comare Volpe aveva un occhio sulla strada e uno sul compare temendo che facesse scherzi, ma non si sentiva tranquilla e così decise che l'avrebbe fatto scendere in un modo o in un altro.
    Iniziò a fare movimenti bruschi col carretto, ma il lupo sonnecchiava, allora cominciò a prendere tutti i fossi lungo la strada, ma il compare prese addirittura a russare di gusto. Fece tutto quello che poteva servire a disturbarlo, m se ne stava sdraiato a dormire sul carrello. Alla fine però l'asse del carretto si ruppe obbligando il compare a scendere, comare Volpe appena mise piede a terra lo pregò di cercare tra i campi vicini un bel pezzo di ramo spesso, il più dritto che c'era, per usarlo al posto dell'asse.
    Compare Lupo sempre pronto a scansare fatica avrebbe voluto andarsene, ma vendendo le due succulente pecore a malincuore andò a cercare il ramo però ne scelse uno tutto storto così che comare Volpe dovette andare lei stessa a trovarne uno più adatto. Senza la comare a controllarlo il lupo mangiò le pecore e ne bevve il sangue con gran voracità.
    Quanto tornò comare Volpe vide che delle due pecore rimanevano solo le ossa, ma non osò dire niente per paura che il compare le facesse fare la fine delle pecore.
    E così zitto uno, zitto l'altro i due ripresero il viaggio finché non giunsero ad uno stagno pieno d'acqua. Comare Volpe fece notare a compare Lupo i tanti pesci che vi nuotavano e disse: - Compare se vuoi tuffarti nello stagno per acchiappa tutti i pesci, io ti aspetto. -
    - Ma non c'è pericolo d'annegare? - Chiese il lupo
    - Ti puoi legare una corda in vita, in cas...

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    Last Post by Xander Ares il 2 Sep. 2020
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