Un tempo nella parte più antica della città di Nardò aveva la bottega un danaroso commerciante di nome don Gregorio. La fortuna favoriva particolarmente don Gregorio, quanta più merce usciva dalla bottega, tanta e di più miracolosamente ne entrava, i depositi si riempivano di grano, fave, olio, e di ogni ben di Dio.
E ogni volta che non c'era più posto negli immensi magazzini si portava portava qualcosa a casa per fare posto al nuovo che arrivava, e così accumulava ricchezze e possedimenti, colmando scaffali, depositi e ripostigli.
La casa di don Gregorio però sembrava diventare sempre più piccola, anche le più piccole stanze erano ricolme, sotto al tavolo da pranzo c'erano i bidoni dell'olio, si sedeva sulle del vino novello. Se camminava per le stanze doveva stare piegato per sbattere la testa contro i salami e i cosciotti appesi a stagionare. Quando dormiva si coricava sui sacchi dei legumi, perché il suo letto era pieno di forme di formaggio.
Finché don Gregorio fu stanco della situazione e cercò di donare un po' di roba per liberare la casa da qualcosina, ma appena dava qualcosa via ritornava moltiplicata per tre. Il commerciante si sentì perseguitato, assediato e oppresso dalla sua stessa fortuna, se almeno ci fosse stato un metodo per farla smettere. Fu allora che ricordò che gli antichi dicevano che nelle notti di Luna piena, andando a mezzanotte alla Montagna Spaccata si poteva invocare la fortuna.
Però don Gregorio pensò tra sé e sé: - La notte però è umida e io ho i reumatismi, inoltre se vado lì così tardi domani non potrò lavorare e poi ci vuole qualcuno giovane per la scalata. -
Allora chiamo il fedele Ginetto, il più povero tra i suoi servitori, morto di fame da sempre, gli abiti a brandelli, i piedi nudi pure d’inverno e una famiglia numerosa sulle spalle.
Due monete d'argento, due bei carlini promise a Ginetto per andare a mezzanotte alla Montagna Spaccata e invocare la fortuna di don Gregorio, alla quale avrebbe dovuto riferire che il suo padrone non voleva che gli mandasse più niente.
Ginetto, allettato dalla ricompensa di questa ambasciata, andò inerpicandosi sul punto più alto della Montagna Spaccata.
Il servo pensò che fortuna si trovasse lontana, forse al di là del mare e per farsi sentire gridò ad alta voce: - Fortuna di don Gregorio, fortuna di don Gregorio... vieni qui. -
Nella calma notte di mezza estate la fortuna del mercante non tardò a comparire, era una brutta vecchia che non smetteva mai di filare con la conocchia.
- Cosa vuoi? - chiese con tono irritato la fortuna.
Pronto Ginetto le riferì l'ambasciata: - Il mio padrone don Gregorio, mi ha incaricato di dire, che per carità si scordasse di lui almeno per un poco, e di non fargli più doni, perché lui non sa più che farsene della roba, ormai i magazzini sono ricolmi e anche le stanze più piccole della casa. -
Sotto la luna bianca come calce la vecchia ascoltò in silenzio l'ambasciata per poi rispondere...
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